Come funziona il ciclo dei rifiuti, e come gestirlo in modo efficace e utile?
- Redazione Nexa
- 25 lug 2024
- Tempo di lettura: 6 min
Cos’è la «gestione dei rifiuti e quali sono i rapporti con il «ciclo dei rifiuti» e con l’«economia circolare»? Un approfondimento sul tema partendo dal Testo Unico Ambientale
La «gestione dei rifiuti» comprende: la raccolta, il trasporto, il recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediari.
Gestione dei rifiuti, ciclo dei rifiuti ed economia circolare
Perché – questo era il fulcro di quel ragionamento – anche in un’economia circolare, che rappresenta solo in parte il presente, i prodotti raggiungono inevitabilmente la fine della loro vita, e diventano rifiuti: ragion per cui la gestione dei rifiuti è probabilmente “l’aspetto più maturo dell’economia circolare”, come ha sottolineato l’Europea Environment Agency.
Questo articolo è offerto da Atlantide, il primo software per la gestione rifiuti. In un’ottica di digitalizzazione dei processi e degli adempimenti fiscali (FIR – REGISTRI C/S – MUD (D. Lgs. 152) R.E.N.T.Ri.), la gestione corretta del ciclo ambientale, il controllo totale dei processi, la tracciabilità completa dei flussi e l’Industria 4.0 applicata al settore dei rifiuti deve essere supportata da una soluzione con le migliori performance.
Ma che cos’è la «gestione dei rifiuti»?
E quali sono i rapporti con il «ciclo dei rifiuti» e con l’«economia circolare»?
Il Testo Unico Ambientale, a tale proposito, ci spiega nei minimi dettagli il significato di «gestione», ma:
non fa alcun riferimento al «ciclo dei rifiuti» (per lo meno, nell’accezione/ottica di circolarità);
tratta il concetto di economia circolare in modo quasi marginale, e
si limita ad affermare che la normativa sulla gestione dei rifiuti prevede “misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana, evitando o riducendo la produzione di rifiuti, gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell’uso delle risorse e migliorandone l’efficacia e l’efficienza che costituiscono elementi fondamentali per il passaggio a un’economia circolare e per assicurare la competitività a lungo termine dell’Unione”.
Dall’«economia lineare» a quella circolare
Eppure l’argomento meriterebbe un maggior approfondimento, all’interno di quello che dovrebbe essere (e in ogni caso è qualificato come) il «Codice dell’ambiente»…
L’economia circolare, infatti, è un approccio sistemico che:
si discosta dal modello lineare del «prendi, produci, getta» e
adotta un modello circolare in cui il valore dei prodotti e dei materiali viene mantenuto nell’economia il più a lungo possibile.
I rifiuti e l’uso delle risorse sono ridotti al minimo e i prodotti, alla fine del loro ciclo di vita, vengono riparati, rimessi a nuovo, riutilizzati o riciclati per creare ulteriore valore.
Una bella responsabilità: tant’è che il legislatore ha previsto un “regime di responsabilità estesa del produttore”, che si traduce in tutte quelle “misure volte ad assicurare che ai produttori di prodotti spetti la responsabilità finanziaria o la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto”.
Quali sono, dunque, e con questo ritorniamo all’interrogativo che ci siamo posti, i rapporti fra:
la gestione dei rifiuti (che è normata, ed è ancora legata ad una visione lineare della gestione),
il «ciclo dei rifiuti» (che, pur non definito, sembra essere trattato alla stregua della gestione degli stessi, dalla culla alla tomba) e
l’«economia circolare» (concetto quasi pretermesso nel “codice dell’ambiente”, pur essendo alla base del processo di transizione ecologica di cui tanto si parla, e per implementare il quale ancora troppo poco si fa)?
Una parziale risposta può, in qualche modo, trovarsi nei «criteri di priorità nella gestione dei rifiuti», ai quali il D.Lgs n. 152/2006 dedica un intero articolo (il 179).

I criteri di priorità nella gestione dei rifiuti
Una premessa è d’obbligo.
I criteri di priorità riguardano pur sempre i concetti di:
gestione (termine che, come abbiamo visto, è ancora legato ad un tipo di economia lineare), e
di rifiuti (“qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”).
Non ci sono (ancora) state modifiche, nelle definizioni appena citate, che lascino presagire un upgrade della normativa, in questo senso.
Tuttavia, proprio i criteri di priorità potrebbero contenere in nuce una futura, più articolata ed efficiente normativa in materia di ciclo di rifiuti (nell’accezione moderna, legata alla circolarità, al circolo virtuoso…).
Si parte con la prevenzione, l’insieme delle misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventi rifiuto e che riducono:
la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l’estensione del loro ciclo di vita;
gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull’ambiente e la salute umana;
il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti.
Al secondo posto troviamo la preparazione per il riutilizzo, che consiste nelle operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento.
Segue il riciclaggio: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini.
Il riciclaggio include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento.
Al quarto posto di questa speciale graduatoria c’è il recupero di altro tipo (per esempio il recupero di energia)
Ai sensi del “codice dell’ambiente” per recupero si intende “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale”.
Il “recupero di materia” è qualsiasi operazione di recupero diversa dal recupero di energia e dal ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o altri mezzi per produrre energia. Esso comprende, tra l’altro la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il riempimento.
Chiude la classifica lo smaltimento, qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia.
È una questione di approccio: dalla funzione utile alle “misure appropriate”
I criteri di priorità nella gestione dei rifiuti, pur non chiudendo del tutto il ciclo (nel senso di circolarità) dei rifiuti, costituiscono comunque un metodo per implementare il concetto di «funzione utile», introdotto dalla giurisprudenza comunitaria, secondo la quale “l’obiettivo principale di un’operazione di recupero è che i rifiuti possano svolgere una funzione utile, sostituendosi all’uso di altri materiali che avrebbero dovuto essere utilizzati per svolgere tale funzione, il che consente di preservare le risorse naturali”.
Sulla scia di questa impostazione metodologica, il legislatore ha previsto – in tema di responsabilità estesa del produttore – che debbano essere prese “misure appropriate per incoraggiare”:
una “progettazione dei prodotti e dei loro componenti volta non solo a ridurne gli impatti ambientali e la produzione di rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti, ma anche ad assicurare che il recupero e lo smaltimento dei prodotti che sono diventati rifiuti avvengano secondo i criteri di priorità”, cui si è fatto riferimento;
“lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti e componenti dei prodotti adatti all’uso multiplo, contenenti materiali riciclati, tecnicamente durevoli e facilmente riparabili e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti a essere preparati per il riutilizzo e riciclati per favorire la corretta attuazione della gerarchia dei rifiuti”.
Tali misure, precisa il legislatore, devono tener conto dell’impatto dell’intero ciclo di vita dei prodotti, della gerarchia dei rifiuti e, se del caso, della potenzialità di riciclaggio multiplo.
Il ciclo dei rifiuti è una questione di metodo e di responsabilità: il monitoraggio per un moderno waste management
Misure appropriate per incoraggiare: il tipico linguaggio politichese, che prima di tradursi in pratica ha bisogno di tempi inconciliabili con la vita lavorativa di tutti i giorni.
Il management dei rifiuti, infatti, complesso per natura, è reso complicato dalla mancanza di soluzioni politiche in merito.
La pratica quotidiana, unita all’esigenza di gestire ogni giorno il flusso dei materiali, dei rifiuti e dei rifiuti che è possibile utilizzare come risorsa, per fortuna, però, ha fatto nascere soluzioni di management improntate proprio alla funzione utile.
Il digitale, in tal senso, svolge un ruolo fondamentale nel management dei rifiuti, e permette, fra le altre cose, di:
monitorare al meglio il flusso dei materiali e dei rifiuti, cui si è fatto riferimento, consentendo di dirottare verso una funzione utile molti più rifiuti di quanto non sia mai stato fatto in passato;
controllare meglio e più efficacemente il ciclo di vita dei prodotti (e dei rifiuti);
migliorare la gestione di quelle (tante) sacche di inefficienza che hanno pro quota contribuito a non gestire, o a gestire malamente, i rifiuti.
Il digitale, in definitiva, è quello strumento che consente al “classico” ciclo dei rifiuti” di diventare un circolo virtuoso con tanto di funzione utile, e di dar vita, pro quota, all’economia circolare.
Fonte: Articolo tratto da "HSE+" quotidiano di informazione tecnica Wolters Kluwer
Autore: Andrea Quaranta
02 maggio 2024
Comments